La grandezza del piccolo
Scegli un buon proposito per il 2024... che sia minuscolo
Una delle più divertenti perdite di tempo dell’umanità benestante consiste nel redigere infinite liste di buoni propositi che puntualmente verranno portate via dall’Epifania.
La vita di un buon proposito è inversamente proporzionale alla grandezza dell’intento e il suo andare incontro a estinzione prematura è una di quelle poche giustizie di cui ancora il mondo non è orbo.
I propositi, per essere veramente buoni, dovrebbero racchiudere in sé la magia dell’infinitamente piccolo che, nonostante le apparenze, è la chiave per aprire porte verso mondi straordinari.
Tanti pensano che ci si debba preoccupare delle cose grandi, ma sono le più piccole a far naufragare la vita nel mare dell’incertezze.
“Pietà del nostro mal perverso"
Il piccolo è sempre insignificante?
Le fiabe, che hanno radici profonde nella storia umana, anche se a prima vista sono uno specchio delle antiche concezioni del mondo, offrono uno sguardo sulle dinamiche sociali e le percezioni collettive di ogni epoca. La loro origine in un'epoca precedente alle leggi della prospettiva potrebbe suggerirci che le dimensioni dei personaggi nelle fiabe non corrispondano necessariamente alla realtà fisica, ma piuttosto riflettano una sorta di lontananza o vicinanza rispetto all'intelligenza e all’emotività di ciò che comunemente definiamo uomo medio.
Pollicino, fiaba di Charles Perrault, è il più giovane di sette fratelli e il suo nome deriva dalla sua statura, non superiore a quella di un pollice, molto più piccola rispetto a quella dei fratelli. Ci viene presentato per come viene visto, ossia
molto delicato e non apriva mai bocca, sicché si scambiava per grulleria quello che era un segno di bontà di cuore.
Per via delle sue peculiarità, Pollicino diventa oggetto di scherno da parte dei fratelli e persino dei genitori, tuttavia, sembra essere indifferente alle provocazioni, concentrato su pensieri che vanno aldilà delle banalità quotidiane. Mentre gli altri membri della famiglia sono immersi nelle consuete attività di vita, lui presta attenzione a ogni conversazione, inclusi i discorsi cospiratori dei genitori che stanno deliberando di abbandonare la prole nel bosco come estremo rimedio alla carestia.
L'ingegnoso stratagemma di utilizzare sassolini bianchi per ritrovare la strada di casa e riunirsi coi genitori è rimasto impresso nella memoria di tutti. Tuttavia, l'amarezza si fa strada quando ci si rende conto che tali genitori mantengono i figli e ne sopportano la presenza solo se dispongono di denaro: non appena la prosperità economica svanisce di nuovo, ritentano il primigenio piano.
Durante questo secondo tentativo di abbandono, si assicurano che la prole, specialmente quel figlio grullo alto quanto un pollice, non venga a conoscenza delle loro intenzioni. Mettono in atto la loro astuzia unicamente nel momento in cui desiderano sbarazzarsi della "zavorra" della loro creatività, inscenando il modo in cui l'essere umano tende ad abbandonare il proprio talento in una landa popolata da lupi famelici quando questo talento non produce un rendimento economico.
Pollicino è intuitivo: dopo essere tornato a casa, è rimasto in campana, un segno che non sia tanto grullo, quanto piuttosto un puro di cuore che sa guardare e decifrare la vita intorno a sé. Si accorge, dunque, che i genitori stanno per ritentare l’impresa di abbandonare i figli.
Ora Pollicino ambisce a tracciare un sentiero che lo nutra, simboleggiato dalla scelta di utilizzare la parte chiara e soffice del pane, la mollica, tradizionalmente destinata ai più giovani. Desidera ardentemente che questa via lo allontani da coloro che sono pronti a liberarsi di lui al minimo segnale di inutilità, percependolo solo come un peso. Tuttavia, quando gli uccelli, creature libere di esplorare ogni dimensione grazie alle loro ali, divorano il suo percorso, Pollicino si ritrova privo di alternative, costretto a procedere nel buio.
Pollicino è il più piccolo, ma si mette ugualmente alla guida dei suoi fratelli. È lui che sceglie la strada, addirittura arrampicandosi sull’albero più alto per scorgere la presenza di eventuali luci.
Il primo segno della sua vera grandezza emerge da queste righe, suggerendo a noi lettori che non tutto è come sembra: perché non è il fratello più alto a cercare la strada? Forse perché sarebbe meno abile nell'arrampicarsi?
Potrebbe essere che Pollicino sembri piccolo solo perché è distante emotivamente e intellettualmente dagli altri?
Appare di statura ridotta poiché è effettivamente lontano dalla loro mediocrità?
Le prove a favore di questa teoria emergono quando sconfigge l'orco desideroso di cibarsi della carne umana dei sette fratelli. Pollicino mostra ingegno e abilità... Del resto, tra tutte le dita, prende il nome proprio dal pollice, il dito più pratico e funzionale tra tutti.
Beffeggia l’orco in tre occasioni: prima lo induce, attraverso l'inganno, a uccidere le proprie figlie, successivamente lo depreda delle sue ricchezze materiali sfruttando la debolezza della moglie, infine gli sottrae gli stivali delle sette leghe, calzature magiche capaci di consentire passi eccezionali.
Quando Pollicino li indossa, la fiaba sottolinea come si adattino immediatamente ai suoi piedi, permettendogli di compiere ogni passo come quello di un gigante.
Questo rappresenta l'ultimo indizio della sua vera grandezza: gli stivali magici affaticano chiunque li indossi, ma non Pollicino. Per lui, dall'animo così gigantesco, quegli stivali rappresentano solo calzature comuni. Non ha, infatti, bisogno di magia per percorrere strade che le persone mediocri impiegherebbero anni a compiere.
Tornando alla bontà di avere un obiettivo infinitamente piccolo come proposito per l'anno a venire, Pollicino ci invita a cercare quella parte di noi che è immensamente grande ma che, per la sua distanza dalla nostra stessa mediocrità, ci appare piccola e trascurabile.
Non dovremmo essere spaventati dall'abbandono di persone più o meno care, dagli smarrimenti della via lungo il cammino o dalle minacce di orchi desiderosi del nostro sangue... Questi elementi fanno parte del percorso e, come accaduto negli anni passati, non possiamo illuderci di non trovarli negli anni a venire.
…Qualora non li incontrassimo, però, suggerirei di porci una domanda: non è forse che siamo diventati noi stessi l'orco che temiamo?
E ora? Cosa desideri ardentemente per questo 2024?
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Ciao cara ,in ritardo ma vorrei esprimere anch'io il mio piccolo desiderio per l'anno nuovo, piccolo che poi nella realtà per le difficoltà che si incontrano nella vita diventa quasi irraggiungibile.. ossia avere pazienza e mostrare più tolleranza nei confronti di chi è meno fortunati di noi e non smettere mai di anteporre la serenità alla ricerca della ricchezza materiale